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La difficoltà del ritorno: “Dove la storia finisce”, il nuovo libro di Alessandro Piperno.

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Dove la storia finisce
di Alessandro Piperno
Mondadori, Milano, 2016

pp. 288
20,00




Dove la storia finisce, di Alessandro Piperno, è un romanzo a dir poco appassionante. Già dalle prime righe il lettore deve fare i conti con l'impossibilità di staccarsi dal libro e abbandonare la lettura per dedicare la propria attenzione ad altro. Personalmente, era da tempo che non mi accadeva qualcosa di simile. Fin dalle prime pagine, quindi, ho capito che non si trattava di un romanzo qualsiasi e, armata di una tazza di thè e di una matita, mi sono messa comoda, pronta ad iniziare una lettura che si annunciava promettente.
La storia ha inizio con un ritorno, quello di Matteo Zevi, partito dalla capitale sedici anni prima per scappare dai debiti, e ora su un volo di linea per Roma, poichè un malore improvviso ha spedito all'altro mondo il suo principale nemico, un creditore che non ci ha pensato due volte a minacciarlo di morte. Uomo brillante e disinvolto, e con un forte spirito di adattamento che gli ha permesso di ricostruirsi una vita oltreoceano, Matteo, sbarcando sul suolo italico, trova le cose molto cambiate.

Giorgio, figlio di primo letto, è ormai diventato un uomo, gestisce uno dei locali più importanti di Roma, l'Orient Express, ed è in attesa di un figlio; Martina, nata dal secondo matrimonio, e abbandonata dal padre a soli nove anni, conduce un'esistenza agiata grazie alle nozze con Lorenzo, ma nasconde nel cuore turbamenti di altra natura che non tarderanno ad esplodere in tutta la loro violenza; infine, Federica, madre di Martina, che non ha mai chiesto il divorzio e che resta  in attesa paziente del marito, di cui subirà ancora una volta il fascino dirompente. Il ritorno di Matteo ha la forza di un uragano nelle vite di ognuno di loro, facendo emergere rancori e risentimenti che la lontananza aveva solo apparentemente appianato.
Piperno ci porta dentro i legami che intercorrono tra i vari protagonisti, non solo tra Matteo e il proprio nucleo familiare, ma anche tra gli altri personaggi, mettendo a nudo le fragilità e le insicurezze di ognuno e rivelandoci, talvolta, anche i loro segreti più nascosti. Ed è proprio la caratterizzazione dei personaggi uno dei punti di forza del libro: Piperno, con la sua sua scrittura limpida e raffinata, tesse una rete di rapporti finemente intricata e riesce a gestirla lungo tutto l'arco del racconto, fino al colpo di scena finale. Lo scrittore riesce a costruire dei personaggi complessi, fortemente realistici, animati da contraddizioni profonde, dubbi atroci, rancori brucianti, ritrosie disperanti e pentimenti affrettati, mettendo a fuoco tutte le sfumature dell'animo umano.
Matteo resta a Roma diversi mesi, tuttavia non riesce a ristabilire un rapporto autentico né con Giorgio né con Martina: è soprattutto il primo, impaurito dalle future responsabilità che lo attenderanno alla nascita del figlio e allo stesso tempo ancora invischiato nei vecchi rancori che prova verso il padre, a rifiutare un avvicinamento.
Papà – avrebbe voluto dirgli -, tu distruggi tutto quello che tocchi. Agisci come se le tue azioni non avessero conseguenze. Sei imprevedibile. Prendi, prendi, e in cambio dai solo giovialità. Inganni le persone. Guarda cos'hai combinato con mamma, con Federica, con le altre. Sei entrato nella loro vita promettendo di migliorarla: hai saputo solo farla a pezzi. […] Sei tu il vero stronzo, non il manigoldo a cui hai chiesto soldi sapendo che mai avresti potuto restituirli: lui aveva un codice, tu neanche quello. Non ti voglio qui, nei miei ristoranti, a casa mia, nella mia vita. (p. 76)
Il risentimento di Giorgio è chiaramente imputabile all'abbandono paterno, e alle conseguenze di questo sulla fragile psicologia della madre: è ancora lucido in lui il momento e il modo in cui il padre gli ha comunicato che non si sarebbero più visti per un bel po' di tempo:
Gli tornò alla memoria la mattina di sedici anni prima, in cui il bidello aveva interrotto la lezione e chiesto alla docente se Giorgio Zevi poteva uscire un attimo: lo volevano al telefono. […] Giorgio non aveva mai scordato quel senso di fine. Il lungo corridoio vuoto, l'eco dei passi, la slavina di pensieri che lo sommergevano. Il padre ne aveva combinata un'altra. (pp. 180-182)
In quei sedici anni di lontananza Giorgio non aveva mai tagliato i ponti, andando a trovarlo svariate volte, tuttavia, col suo ritorno, Matteo Zevi aveva cambiato tutto, stravolgendo l'equilibrio precario su cui avevano sistemato il loro rapporto. Presentarsi a Roma, entrare nel suo mondo, erano queste le cose che lui non gli perdonava.
Sa, lo sente, che un genitore come Matteo è tollerabile solo a un oceano di distanza. (p. 184)
La secondogenita, Martina, meno restia all'idea di un contatto con Matteo, non riesce tuttavia a dedicarsi pienamente al ritorno in patria del padre, poiché vittima di una profonda crisi coniugale di cui lei è l'artefice principale. La ragazza, infatti, nasconde un segreto, un fatto avvenuto anni prima di cui non riesce e non può liberarsi. Quell'accaduto, che lega lei e Benedetta, sorella di Lorenzo e sua migliore amica da sempre, avvenuto in una calda giornata primaverile, all'insaputa di tutti, è all'origine del profondo turbamento che le sbriciola il cuore e le mozza il respiro. La ragazza, persa e frastornata dai propri pensieri, conduce una disordinata manovra di allontanamento dal marito che, ignaro di tutto, assiste incredulo e impotente alla rovinosa caduta libera di Martina.
Solo Federica, novella Penelope romana, non si è liberata del tutto dell'affascinante Matteo Zevi, ancora capace di suscitarle una forte emozione:
Non si chiese era invecchiato o in forma, in difficoltà o a suo agio. Né cercò di ipotizzare cosa gli passasse per la testa. Le bastò che fosse lì e fosse lui. Riconobbe l'espressione garrula, raggiante, il modo in cui ti faceva sentire, il mellifluo “tesoro mio” con cui salutava chiunque e quindi anche te. Le piacque che fosse bagnato dalla testa ai piedi ma non gliene importasse. Federica abbracciandolo si sentì avviluppare da una tale messe di vita da esserne quasi sopraffatta. (p. 41)
Matteo Zevi è tutto fuorché il marito affidabile e il padre amorevole che una moglie vorrebbe al suo fianco, tuttavia l'uomo, sagace e brioso, sa ancora far breccia nel cuore della moglie:
Se fosse stata una che si arrende non avrebbe concesso a chi l'aveva abbandonata all'improvviso di insinuarsi ancora in casa sua, indossare la vecchia pettorina, mettersi ai fornelli, bere il suo vino. Se fosse stata una che si arrende non avrebbe offerto all'uomo che le aveva insegnato cosa significa essere felici l'opportunità di renderla infelice ancora una volta, forse per sempre. (p. 48)
Ed è così che arriva il Natale in casa Zevi: per la ricorrenza il locale di Giorgio ha organizzato una festa a cui sono stati invitati i membri più importanti e più in vista della società romana, compresi, naturalmente, tutti i membri della famiglia, tranne Matteo. È Sara, la moglie di Giorgio, a chiedergli di presentarsi, fingendo che la richiesta sia stata presa di comune accordo col marito. La sera del  party, L'Orient Express è stracolmo di gente, tutto funziona alla perfezione, il cibo squisito, la musica giusta, la gente che si diverte.
Ciononostante, Giorgio è teso, inquieto per la riuscita dell'evento e irritato dalla presenza del padre, che elargisce sorrisi e saluti cordiali, mentre Martina cerca nervosamente un momento per avere un confronto con Benny: non può più aspettare. Tutto sembra andare come deve quando accade l'irreparabile. Improvvisamente, la tragedia irrompe nelle vite dei protagonisti trasformando la festa in un dramma. Ed ecco dove finisce la storia:
Era come se la piccola storia di ciascuno finisse proprio dove la Storia riprendeva a correre. (p. 202)
L'epilogo ci lascia increduli, attoniti, profondamente scossi, eppure convinti nel riconoscere che la scelta che Giorgio prende nelle ultime pagine del libro è, forse, l'unica possibile. Certamente, l'unica possibile per lui.
Ed è allora che capiamo che se la storia di ognuno finisce laddove inizia la Storia, nel caso di Giorgio, la sua storia finisce e ricomincia nello stesso momento, con una scelta che sembra un ritorno alle origini, quasi una palingenesi, e forse là, dove tutto è cominciato, la sua storia può ricominciare.
Lo scrittore non è nuovo ai riconoscimenti (citiamo, ad esempio, la vittoria al Premio Strega nel 2012, con Inseparabili) e questo libro non fa altro che confermare tutta la sua abilità di narratore. Il talento di Piperno in questo libro emerge limpidamente: narratore dalla penna elegante e raffinata, ci tiene incollati alla sedia, pagina dopo pagina, con un romanzo potente, appassionante e scorrevole, che non concede distrazioni. Gli elementi della narrazione vengono calibrati al millimetro, in un sapiente gioco di equilibri.
Nelle ultime pagine si trattiene il respiro, non si vede l'ora di arrivare alla pagina successiva per capire come, anzi dove, finisce la storia. Ed è un racconto importante quello di Piperno, un romanzo potente che coinvolge le membra tutte, facendosi ricordare anche una volta girata l'ultima pagina.

Valentina Zinnà