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#CriticaNera - "Onora il babbuino" di Michele Dalai

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Onora il babbuino
di Michele Dalai
Feltrinelli, 2015

pp. 144
€ 13,00



Immaginate un personaggio fuori dagli schemi e dalla giustizia ma con un'etica tutta sua. Aggiungete il fatto che aveva un padre carabiniere, una sua "carriera" da latin lover («Cardo era una malattia contagiosa, a un certo punto se la volevano prendere tutti») e... una leonessa in cortile! Ora, lasciamo a questo personaggio la parola: come si rivolgerà a noi? Sicuramente salterà di palo in frasca, si arrogherà tutti i diritti di violare le leggi dei benpensanti e si terrà il diritto di dire ciò che vuole quando vuole. Insomma, non c'è spazio per la replica, e più volte redarguisce il suo interlocutore (il lettore? un personaggio nascosto? Lo si capirà nelle ultimissime pagine): 
Te l'ho mai detto perché mi chiamano Cardo?
Almeno cento volte dici? 
Bene, ora lo ascolti per la centunesima e stai muto che ho diritto di scemunirmi come mi pare, me lo sono meritato. Mi chiamo Cardo perché ho i capelli pazzi come spine. I capelli li ho persi tutti ma le spine no. I cardi son delle belle bestie di piante, stanno lì tutti fieri a sfidarti, a dirti: dai, raccoglimi, raccoglimi se sei un uomo. (p. 16)
Con uno stile colloquiale e informale, imbevuto di vita verace e senza risparmiare turpiloquio e imprecazioni, Cardo racconta sé stesso, cosa lo ha portato a essere ciò che è e le sue prospettive per l'immediato futuro. Non mancano le frasi "sapienziali", ironiche perché rapportate sempre al presente del protagonista: 
La reputazione fa miracoli, è la cosa più importante che abbiamo, senza reputazione siamo come gli alberi di Natale che non hanno le palle colorate. 
Hai presente che tristi i boschi di montagna con tutti quei minchia di abeti verdi che non lampeggiano? (p. 90)
Il monologo è interrotto di tanto in tanto dalle telefonate (goduriosissime) di un suo tirapiedi, che dovrebbe ragguagliarlo sullo stato del colpo che stanno per fare, e in realtà non fa che rivelare dettagli segreti e smascherare nomi dei compari.
A livello narrativo, l'interruzione del monologo per i dialoghi svelti (mai introdotti) è estremamente utile per ravvivare lo stile e tenere il lettore avvinto alla pagina. Anche se - diciamocelo - queste centoquaranta pagine fanno decisamente divertire, scivolano tra le mani senza mai provocare sbadigli né tentennamenti, non ci sono cali di tensione né il ritmo straborda verso la caricatura. Eppure, qualcosa della caricatura permane: è la caricatura di un genere (il noir) e di un linguaggio (quello della generazione dei cannibali, anni '90, "fottutamente concreto"). 
Non dimentichiamo che Michele Dalai è anche un editore: nel suo romanzo non trascura la piacevolezza di una narrazione semplice ma accattivante, che si fa leggere a più livelli. Il primo? Conosci Cardo e ti affezioni alla sua strampalata visione del reale. Il secondo? Vorresti stringere la mano all'autore e complimentarti: il suo colpo (quello di Cardo, chissà) è andato a segno!


GMGhioni