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Un tentativo (poco riuscito) di radiodramma amatoriale

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Vinile. Romanzo familiare in colonna sonora
di Maria Antonietta Macciocu e Donatella Moreschi

indies g&a

pp. 205
€ 4,99 (ebook )



Maria Antonietta Macciocu e Donatella Moreschi,  le due autrici del libro Vinile. Romanzo familiare in colonna sonora, hanno grandi obiettivi: raccontare il precariato di oggi, le vite giovani di, soprattutto, ragazze, ma anche di  ragazzi alle prese con i meandri della realtà moderna, abbinandole alle storie e ai ricordi delle giovani e dei giovani di una volta, di quelle e quelli che avevano grandi ideali e grandi sogni: i giovani rivoluzionari del ’68. Tutto questo attraverso un fondale di natura doppia tra la Sardegna d’origine famigliare e la Torino approdo esistenziale. Se fossimo ancora nell’era atomica, dove in realtà siamo ancora immersi solo che non va più di moda parlarne, si potrebbe parlare di una fusione a freddo.  Per quanto possa valere la mia piccola opinione di lettore distratto, la cui distrazione forse si spiega anche dal far parte di quella masnada di giovani nei meandri del precariato sopracitati o forse da altre ragioni a me ignote, ho trovato che il romanzo pubblicato da  indies g&a abbia più di un punto debole e che quella levità imprescindibile quando si parla della “fiorita e verde etade” sia mancante. L'ho trovata mancante a causa di una trama troppo sconnessa con continui flashback, avanti&indietro (nel tempo) che non si compiono neppure al sabato pomeriggio per trovare un parcheggio. 

In una miriade di personaggi, tutti minori rispetto alla centrale protagonista Marta (che a chi scrive sta, quasi in maniera innaturale, totalmente antipatica) non si assiste a quella sutura dei punti di narrazione che rendono un libro scorrevole e di agile lettura. Infatti, benché in questo testo non vengano sviluppati chissà quali paradossi e benché meno si voglia disquisire di grandi temi filosofici, la lettura, dicevo, appare come “appesantita” da un mancato lavoro di cesellatura. Da un lato vi sono punti (come ad esempio la fuga parigina, di un "flaneurismo" francamente obsoleto almeno da tre secoli) in cui gli avvenimenti e le sensazioni si accavallano senza che le autrici riescano ad imbrigliarle in un disegno preciso. Dall’altro lato, in altri, lunghi, momenti (come ad esempio quelli legati alle vicende politiche, banali e di una noia paragonabile solo, forse, a certi talk show con ospiti fissi) in cui “non avviene niente ma si sprecano fiumi di parole, ormai logore dall'ab-uso, per raccontare il nulla”. 

Vinile è mosso da una grande idea, cioè quella di unire una vicenda famigliare sardo-piemontese con le vicende personali di tantissimi giovani, che hanno vissuto (o stanno vivendo) la dura lotta tra ideali e vita vera. Purtroppo però, come sostenevo ad inizio articolo,  la fusione non avviene, resta fredda e relegata alla quarta di copertina. Le parti di romanzo che io ho più apprezzato, perché le ho trovate più “organiche” (altra terribile parola del tempo che fu) e meglio centrate, sono quelle in cui si descrivono le estati sarde, calde, molto country  e assolate (“perché il caldo e le estati di una volta non ci sono più”) e alcuni brandelli di vita torinese, soffocata tra lavoretti malpagati e piccole fughe nelle proprie passioni.

Una nota dolente, soprattutto leggendo il sottotitolo, è quella legata al commento musicale. Ho trovato, ma forse è una mia solita impressione da lettore disattento, che il sottotitolo Romanzo familiare in colonna sonora sia fuorviante. Se uno legge “in colonna sonora” presume che la musica, o meglio le canzoni che saranno proposte nel libro, svolgano un grande ruolo o direttamente all’interno della vicenda oppure siano legate in qualche modo con l’intima natura dei protagonisti. Nulla di tutto questo. Forse amanti del Brian Eno e Robert Fripp più sperimentali, quelli, per intenderci, di No Pussyfooting, Macciocu e Moreschi più che realizzare un romanzo con colonna sonora, realizzano una storia con un brusio musicale di sottofondo, una specie di modesta musica ambientale, anzi ambient (nuova parola da “verde orrore”) che pare perniciosa come la radio f.m. nei bar più omologati. La selezione di canzone è quanto di più banale si possa scegliere: mai uno slancio, una trovata curiosa. Sempre e soltanto una nenia mainstream, con ogni tanto qualche sortita nella musica più impegnata e “non leggera” che paiono sterili tentativi di squadernare il tavolo. 

Marta, infine, la protagonista, l’ho trovata poco incline ad assurgere a questo ruolo: troppo lamentosa di tutto e invidiosa di tutti, troppo stranamente normale e troppo piena di riflessioni “da box di Repubblica” per apparirmi interessate. Perfino la paternità perduta, o meglio "ricercata" dalla torinese non le fa "alzare i toni" e sembra sempre più impegnata a pensare se stiano meglio i tacchi o le ballerine con quel vestito, invece di occuparsi di "interessare il lettore" che, esausto e suo malgrado, si trova costretto a girare le pagine, nel disperato tentativo di trovare qualcosa davvero "da ricordare". 

Vinile. Romanzo familiare in colonna sonora avrebbe potuto essere o un gran libro o un grande raccolta musicale, sulla scia degli storici Nuggets. Purtroppo, ma ormai l’avete capito, a me è sembrato soltanto un tentativo di radiodramma amatoriale che, una volta sentito nella propria autoradio, quasi automaticamente fa abbassare il volume e riprendere, finalmente, la conversazione. Se fossi su Spotify, in ultima analisi, avrei già da tempo cliccato su "skip". 


Mattia Nesto