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La vita oggi di Anthony Trollope

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La vita oggi (The way we live now)
di Anthony Trollope
Sellerio, 2010 

2 volumi
26 €



Figlio di un avvocato datosi all’agricoltura, Anthony Trollope ha scritto molto durante la sua carriera nel servizio postale inglese e i suoi romanzi sono stati a lungo poco apprezzati o considerati. Da qualche anno la casa editrice Sellerio ha contribuito in Italia alla riscoperta di questo grande e prolifico autore inglese del periodo vittoriano.
La vita oggi (uscito nel 1875) è un lungo romanzo (poco meno di 1200 pagine nell’edizione Sellerio) che ha al centro come protagonista la City di Londra e il finanziere Auguste Melmotte, attorno ai quali personaggi decisamente motivati ad avere il loro ruolo nel romanzo (e quindi avere la loro parte nell’accaparrarsi ricchezze)  i loro possedimenti veri o presunti e i loro amori, anche questi veri o presunti.
Il signor Melmotte arriva a Londra dalla Francia e porta con se moglie, figlia e una marea di chiacchiere sul suo conto. Su come abbia raggiunto il suo status sociale e la sua ricchezza. E sul reale valore e la fondatezza di questa. Le sue grandi capacità economiche e la sua forte personalità gli permettono di diventare subito uno dei protagonisti della City e quindi della società della finanza dell’epoca. Melmotte è disprezzato da alcuni che non comprendono o non vogliono comprendere, e quindi hanno paura di un uomo che si è fatto da solo mentre loro sono stati fatti dalle eredità, mentre altri lo apprezzano (troppo) mirando alla sua amicizia e ai suoi soldi e quindi a sé stessi. Gli uni e gli altri lo condurranno prima sui banchi di Westminister come rappresentante del partito conservatore, poi, ubriaco, chiuso a chiave nel suo studio, ubriaco fradicio.

Forte e risoluto, Auguste Melmotte arriva a picchiare perfino la figlia al fine di farle firmare delle carte (che lei non firmerà) quando ormai le sue ricchezze sembrano essere sfumate e il “gigante” che era si rivela un “gigante dai piedi d’argilla”, come dicevano i suoi detrattori, quelli che poco si fidavano dei titoli (azionari, non nobiliari), delle società per azioni, della borsa e degli speculatori. Ma non sono forse proprio gli aristocratici a voler combinare dei matrimoni che sono degli scambi tra titoli nobiliari e ricchezze? E non sono forse i giovanotti come Felix Carbury ad amare la figlia di Melmotte fino a quando può nutrire una certa speranza che la signorina erediterà abbastanza da giustificare il suo amore per lei? Proprio che ha sciupato il suo patrimonio ereditario …

I vizi di una società corrotta moralmente vengono intelligentemente e ironicamente smascherati da Trollope con il suo stile brillante e concreto. Narratore onnisciente (perfino divino tanto da sapere se i suoi personaggi pregano o meno), abile nell’accostare personaggi, dialoghi, immagini, eventi, Trollope riesce a dirci tutto dei personaggi da come questi si muovono e interagiscono: sono i loro scopi e come vogliono raggiungerli a raccontarci di molto di loro, soprattutto quando questo contrasta con le loro parole. Sir Felix, di cui si è già parlato, si ostina a far proposte d’amore a Marie Melmotte che ricambia ardentemente, affascinato dalla ricchezza del genitore, visto che lui ha sciupato un patrimonio tra battute di caccia, brandy e whist. Si ostina ad amarla fino a quando Mr. Melmotte – ritenuto arrogante avido finanziere – smaschera senza tanto sforzo il suo intento dimostrandogli che è un povero parassita buono a nulla. Affascinato dalla sfacciataggine del giovane, Melmotte ha in questo e in molti altri momenti del romanzo e quindi nelle sue relazioni con gli altri, la capacità conferitagli da Trollope di smascherare sotterfugi e falsità del mondo che lo circonda. Proprio lui che di falsità e sotterfugi viene accusato.

Molto intelligente un altro accostamento tra questi due personaggi, Melmotte e il pretendente di sua figlia. Un accostamento che si materializza, per così dire, nell’immaterialità e nella mancanza di un valore reale tra i fogli di carta firmati dai debitori che si impegnano a pagare che circolano sui tavoli da gioco frequentati da Sir Felix, e le azioni fluttuanti e in eterno movimento su cui si basa la ricchezza di Melmotte, (“gigante dai piedi d’argilla”).

Senza farsi intimorire dal numero delle pagine, si tratta di un romanzo di agile lettura (almeno nella traduzione della Sellerio), che ci permette di comprendere in quale contesto umano e sociale si sia formata in nella City la “classe finanziaria”, il rapporto economico e culturale tra Europa e Stati Uniti (guarda caso Trollope piaceva molto a Henry James), e soprattutto colpisce per argutezza e attualità, risultando un romanzo di modernità sconvolgente. Potendo così riscoprire il valore di questo grande romanziere inglese.
Nel 1860 Nathaniel Hawthorne disse che i romanzi di  Trollope sono scritti “con la forza della bistecca e l’ispirazione della birra” e sono così realistici “come se un grosso gigante avesse tagliato un grosso pezzo di globo terrestre e l’avesse messo in una teca di vetro, con tutti i suoi abitanti impegnati nelle accende quotidiane, e senza che abbiano il sospetto di essere stati messi in mostra”[1].

Fabio Mercanti





[1] Si può leggere la citazione di Hawthorne a pagina 17 dell’Introduzione di Piero Pignata all’edizione Sellerio de La vita oggi di Anthony Trollope.