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#PagineCritiche A colpi di penna: le "Opere" di Leonardo Sciascia

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Leonardo Sciascia 
Opere. Volume I.
A cura di Paolo Squillacioti
Adeplhi, 2012

Presentato a Palermo lo scorso novembre nel suggestivo castello Utveggio per iniziativa degli Amici di Leonardo Sciascia, il primo volume delle Opere di Leonardo Sciascia, curato da Paolo Squillacioti e pubblicato da Adelphi, raccoglie tutta la narrativa, il teatro e la poesia dello scrittore di Racalmuto. Chi è appassionato delle pubblicazioni che riuniscono i testi di un singolo autore non rimarrà deluso. Il tomo di oltre 2000 pagine è aperto da una bella presentazione del curatore che racconta uno Sciascia per certi versi inedito, ricostruendone la storia editoriale. Il passaggio più interessante è senza dubbio quello in cui Squillacioti riporta le parole dell'autore di Todo Modo a proposito dei suoi (numerosi) cambi di casacca (mi si perdoni il prestito calcistico): «Ho sempre voluto mantenermi libero.
Io sono nato alla letteratura con Laterza e mi sono sempre sentito legato a questa casa editrice, ma non pubblicava racconti per cui sono andato da Einaudi. Ad un certo punto quando ho scritto il primo racconto-inchiesta sono tornato da Laterza perché non ho mai avuto con nessun editore un contratto di opzione. Poi c'è stata la possibilità di collaborare ad una editrice siciliana come Sellerio per cui ho lavorato molto, quando è diventata troppo grossa me ne sono andato ed oggi pubblico da Adelphi perché è una piccola casa editrice, perché posso avere rapporti diretti con Foà e Calasso e vedere nascere un libro tra amici. La grande casa editrice impersonale a cui interessa il nome più o meno famoso e non quello che c'è nel libro, a me non dice nulla.» (XXVI). Alcuni passaggi del brano citato colpiscono perché ancora oggi un pensiero come quello sciasciano sarebbe controtendenza, antimoderno (nel senso opposto a reazionario) e rivoluzionario. Uomo e scrittore libero non ha mai firmato contratti di opzione; più incline alla piccola casa editrice, che non alla grande. Perché da Adelphi il libro nasceva tra amici, ovvero si conservava quel rapporto umano che è alla base della letteratura, affinché questa non diventi un'industria. Nel tempo in cui viviamo, le parole di Sciascia suonano come un grido di indipendenza e libertà che è difficile riscontrare altrove. La coerenza dello scrittore e la sua integrità morale dovrebbero essere da esempio per tutti: dagli scrittori esordienti a quelli affermati, fino a noi critici.
Ma veniamo ai testi. In questo primo volume ritroviamo i classici della narrativa sciasciana: Gli zii di Sicilia, Contesto, Todo Modo, Porte Aperte, A ciascuno il suo, Candido, Il giorno della civetta e Il consiglio d'Egitto; i Racconti dispersi (1947-1986); il teatro e i dialoghi, tra cui L'Onorevole che tanto avrebbe da insegnare ai politici di oggi e domani; le poesie e, soprattutto, le traduzioni che rivelano un volto inedito dello scrittore, territorio poco esplorato dalla critica eppure così rivelatore sulle passioni e pulsioni letterarie di Sciascia.

Tra le traduzioni ben sei su sette sono dallo spagnolo, a testimoniare l'intenso legame che univa lo scrittore al paese iberico. In particolare Morte del sogno di Pedro Salinas, Lampedusa di Jorge Guillén, Lamento per Ignazio Sánchez di Federico García Lorca (di cui abbiamo parlato su queste pagine) e Favola dell'inseguimento e morte di Dillinger nemico pubblico numero 1, Autocaricatura e Spagna dal basso di Victoriano Crémer. La settima traduzione è da Il poeta di Walt Whitman. Di queste solo la prima era presente nelle Opere edite da Bompiani alla fine degli anni '80 e curate da Claude Ambroise, mentre nell'edizione adelphiana manca Il procuratore della Giudea di Anatole France. Con ogni probabilità questo testo arriverà nel prossimo volume dedicato per lo più alla narrativa d'inchiesta e alla saggistica.

Il criterio seguito dal curatore nel collezionare i testi dello scrittore racalmutese non è cronologico, ma tematico. Nel primo tomo infatti troviamo la narrativa pura, il teatro e la poesia. Nel secondo invece sarà pubblicata quella che Squillacioti definisce come «produzione impura» (XXI). Sono testi come Le parrocchie di Regalpietra, 1912+1 o L'Affaire Moro, «in cui l'intento saggistico si avvale di elementi narrativi e la scrittura si segnala per una raffinata elaborazione letteraria e retorica». Tra i due volumi farà da cuscinetto una «sezione» (XXII) che raccoglie Nero su nero, il diario pubblico di Sciascia, e Occhio di capra, proponendo «due valenze diverse ma complementari del termine memoria».

L'obiettivo di questo ambizioso progetto editoriale non è tanto quello di incrementare il canone sciasciano o pubblicare una contro-Opere rispetto a quelle curate da Ambroise, con l'appoggio di Sciascia per altro. Qui, ed è evidente dal metodo scelto per riunire i testi, si vuole entrare «nell'officina di Sciascia» (XXIV) e scoprire un universo affascinante, enigmatico, magnetico e riservato come solo lo scrittore siciliano sapeva essere.