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Orfani di sé: "La piramide del caffè" di Nicola Lecca

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La piramide del caffè
di Nicola Lecca

Mondadori

pp. 240



Imi è un ragazzo ungherese che fino a 18 anni è vissuto in orfanotrofio. Non sa che sua madre era una giovanissima prostituta e suo padre un muratore in libera uscita, una brava persona che non ha mai saputo nulla di lui. È arrivato all’orfanotrofio il 24 di giugno, scaricato da una macchina rossa mentre il guardiano era assorto nella visione di una telenovela. Non sa nemmeno esattamente quando è nato e così, tutte le volte, si sente in imbarazzo se scegliere di leggere l’oroscopo del Cancro o dei Gemelli. Non è infelice, anzi i suoi occhi conservano la visione di un mondo limpido, fiducioso e pieno di possibilità. Colmo di questi sentimenti, il giorno del suo diciottesimo compleanno prende uno sgangherato treno e passa il confine con l’Austria e continua verso nord fino a che non arriva a Londra: cosmopolita, colorata, rumorosa, luccicante Londra. Viene assunto da una grande catena di caffetterie la Proper Coffee e lui non potrebbe esserne più contento: è una bella azienda, che tiene ai suoi dipendenti e per farli sentire sicuri e a loro agio fornisce un “manuale del caffè” ovvero un vademecum in cui, in forma di domanda e risposta vengono fornite tutte le istruzioni per lavorare al meglio e poter risalire la piramide lavorativa.
Imi è emozionato: le parole del manuale gli appaiono fin da subito gentili e piene di riguardo nei suoi confronti (…)
Imi procede nella lettura. Gli piace l’idea di lavorare per una compagnia che ti spiega tutto per filo e per segno.
Affascinato da questo mondo a cui guarda con la fiducia di un bambino, Imi fa la conoscenza di vari personaggi, dal cinico collega spagnolo alla psicotica vicina di casa, dai suoi capi ossessionati dal manuale a Morgan, libraio iraniano dagli occhi intensi. E attraverso queste persone inizia a rendersi conto che Londra non è un paesaggio incantato, l’azienda per la quale lavora è meschina e ingiusta nei suoi confronti. Ci vorranno un libraio iraniano dagli occhi profondi e una scrittrice ormai reclusa per fargli vedere il mondo per com’è realmente.

Gli scenari di questo romanzo sono due: la vita di Imi a Londra nella caffetteria e sprazzi di quanto succede nel suo vecchio orfanotrofio. Per definizione, siamo abituati a pensare agli orfanotrofi come posti cupi, mentre una caffetteria emana luce e calore: si assiste ad un rovesciamento di ruoli. Nell'orfanotrofio con le sue giornate sempre uguali e prevedibili, i bambini vengono incoraggiati a sognare, a trovare momenti di felicità e a sviluppare, almeno un po’, una loro personalità. Ogni letto viene definito “l’angolo di Paradiso” e ciascun bambino ha diritto ad arredarlo come meglio crede. Nella caffetteria invece tutti sono indirizzati a ragionare come prescrive il manuale e ogni tentativo di discostarsene viene visto con sospetto. Imi viene rimproverato perché fa un cappuccino più buono di quello dei suoi colleghi. Dove andrebbe a finire  altrimenti l’uniformità del marchio?
Imi vede le cose ancora come un bambino e, come un bambino, ha l’imbarazzante verità sempre a fior di bocca. Perché non offrire ad un collega una fetta di torta rotta, ma ancora buona? Perché non dividere tra il personale il cibo in scadenza? È ancora buono perché buttarlo?

Il tema fondante è proprio la perdita dell’innocenza. Dopo l’ingiustizia che gli fa perdere il lavoro, Imi è costretto ad abbandonare la sua infanzia e a guardare la città per quello che veramente è:
Accade tutto in un istante solo: come quando c’è buio e la luce viene accesa. Improvvisamente la città appare nuda di fronte a lui, stretta lungo un fiume sporco che la taglia in due come una ferita. Imi la vede senza più filtri, squallida, disarmonica e smascherata: un luogo triste e senza amore, una gabbia arrugginita abitata da persone orfane anche di sé.
Nonostante il tocco luminoso di un “lieto” fine, il romanzo lascia comunque il grigio in bocca e la consapevolezza che, fuori dalle pareti di quella che chiamiamo casa, c’è davvero una giungla pronta a divorarci.



Vuoi saperne di più? Leggi le parole di Nicola Lecca nell'intervista esclusiva a cura di Giulia Pretta