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#ScrittoriInAscolto - Vincenzo Cerami a Sassari

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Lectio magistralis di Vincenzo Cerami
Aula Magna del rettorato, piazza Università, Sassari

24 gennaio 2013




A.M.Morace e V. Cerami
Sono le 11 quando Aldo Maria Morace dà il via a una intensa mattinata in compagnia dello scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami. L’autore è stato invitato in occasione dell’inizio di un nuovo Master in Scrittura creativa ed Editoria, offerto dalla Regione Autonoma della Sardegna. È chiaro dunque come la lectio magistralis di Cerami sia benaugurante e utilissima ai ragazzi che, nell’affrontare il master, si troveranno a lottare contro stile, contenuti e generi di scrittura. Dunque, quale esempio migliore di Cerami per inaugurare il primo trimestre? 

La sua carriera brillante l’ha portato più volte a misurarsi con generi di scrittura diversi: dalla letteratura alla sceneggiatura cinematografica, dagli spettacoli teatrali alla radio. E, in tutti i campi, Cerami s’è distinto per il talento creativo e per sapersi ogni volta adattare al diverso linguaggio di scrittura. Non meraviglia, quindi, che non ami essere ricordato solo come lo scrittore di Un borghese piccolo piccolo, che resta comunque un capolavoro, perché, come ricorda Massimo Onofri nell’introduzione alla lectio, è una sorta di «autobiografia della nazione», «segna il passaggio dalla fine del popolo all’idea di gente». «Battendo sui romanzi di Cerami – prosegue Onofri – troviamo il devastante suono del nulla» dell'Italia del dopoguerra. Questo spiega l’estrema attualità delle opere, tra cui La lepre, che per Morace è uno dei migliori romanzi storici e anti-storici di fine Novecento.




V. Cerami e M. Onofri
Dopo i saluti istituzionali, la parola passa a Cerami che, con grande simpatia e understatement, racconta quando ha deciso di diventare scrittore. In realtà, spiega subito che non si è trattata di una vera e propria decisione, ma di una sorta di spietata predestinazione: nato il 2 novembre e battezzato con il nome del fratello morto, ha sempre festeggiato il compleanno andando al cimitero e in un’atmosfera luttuosa; se sommiamo una serie di malattie rare, tra cui una difterite con cecità per oltre un anno, capiamo il carattere schivo che l’ha spinto a essere spesso isolato. A cambiare tutto, è stato l’incontro d'eccezione con un giovane maestro friulano, alle scuole medie: si tratta di Pier Paolo Pasolini. Nel piccolo Vincenzo nasce il desiderio di ottenere l’attenzione dell’insegnante, di fargli capire che non è solo il ragazzino taciturno e schivo dell’ultima fila, ma come fare? L’occasione è offerta dai temi liberi, che Pasolini, senza aggiungere altro, legge all’intera classe, passando tra i banchi. E non sorprende che da quel giorno i temi liberi siano continuati, e continuati, fino agli scritti più recenti. Il piccolo Vincenzo, crescendo, ha imparato a spostare l’attenzione da sé stesso ai personaggi: 
«In fondo – commenta Cerami – i personaggi raccontano il mondo entro cui il narratore si muove».
Passando poi alla lectio vera e propria, Cerami spiega di voler considerare l’appuntamento odierno come una chiacchierata sulla «bottega della scrittura», facendo riferimento agli strumenti del falegname-scrittore, sulla scorta di quel Consigli a un giovane scrittore che presto sarà protagonista di una puntata di #PilloleDiAutore sul nostro sito. 
Innanzitutto, Cerami precisa che ogni linguaggio, per mantenere un grado di artisticità deve essere evocativo, ma senza rinunciare alla propria specificità. Scrivere per il cinema, ad esempio, è molto diverso che scrivere per il teatro: se nel cinema tutto è azione, nel teatro tutto è parola e gestualità enfatizzata. Cerami non procede solo per teorie, ma cita esempi calzanti, che da un lato semplificano la problematica ma, dall’altro, fanno emergere tutta la complessità della scrittura. 
«Anche quando non ne siamo pienamente consapevoli, la scrittura ci mette continuamente davanti a scelte da prendere: fabula o intreccio? Prima o terza persona?». 
Cerami dimostra che propendere per una o per l’altra possibilità comporta conseguenze: ad esempio, l’intreccio permette flashback di grande efficacia, che invece sgonfierebbero la trama; o ancora, la terza persona cancella la parzialità del narratore e offre al lettore una prospettiva meno parziale (almeno in generale). Uno strumento eccezionale è il discorso indiretto libero: Cerami porta esempi delle sue potenzialità ricorrendo a un classico come La donna che visse due volte.
O ancora, Cerami mostra come il dialogo vari a seconda del genere e del mezzo: come far sussurrare attori teatrali e far sentire anche agli spettatori in galleria? Come realizzare scambi dialogici veramente utili e far parlare i personaggi con la loro voce (e non con quella dell’autore)? Una condizione necessaria è mettere sempre in situazione il dialogo: uno scambio di battute meramente informativo o sovrabbondante, con squilibri e lunghi monologhi mette a repentaglio l’intera opera:
«La cosa peggiore è far decifrare continue informazioni senza messa in situazione».
La platea, vivace, non ha perso la possibilità di fare domande a Cerami e la conversazione si è protratta piacevolmente, tra approfondimenti e consigli a scrittori in erba che, inizialmente silenziosi, hanno poi svelato i loro dubbi. E Cerami, brillantemente, ha incoraggiato ma senza illudere. Il grande insegnamento del suo maestro friulano, si vede, non è passato invano.


#IpseDixit:
Come mai così pochi autori italiani hanno scritto anche per il teatro? Forse la risposta più facile è che non ne erano capaci. Non so, me lo chiedo spesso, perché in fondo il teatro è anche redditizio, ti lascia il 10% a sera, e se lo spettacolo è appena di successo, provate a fare due conti…!
L’amore è sempre tormento, è una conquista continua, non è mai dato. Altrimenti cosa scrivo?
In qualsiasi tipo di opera, la forma parla più dei contenuti.