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Il dopoguerra problematico in un taccuino di "intellettuale di sinistra"

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La linea gotica. Taccuino 1948-1958
di Ottiero Ottieri

con prefazione di F. Colombo 

Parma, Guanda, 2001 
(I ed. 1962-63)



Come si vive il dopoguerra? Nel suo recente studio Il romanzo autobiografico (Carocci, 2011), Cesare Grisi rileva come molti intellettuali si ripieghino su di sé e avvertano la colpa per quanto avvenuto in guerra. Ne consegue un maggiore interesse per la riflessione e per la scrittura del sé. Tuttavia, con gli anni '60 e il ritrovato boom economico, nasce una nuova classe di intellettuali che, non avendo vissuto direttamente le brutture belliche, guarda ai nuovi problemi sociali con una maggiore apertura. In questo contesto, assume importanza crescente la fabbrica, al centro di un nuovo filone narrativo, in cui inseriamo almeno Paolo Volponi e l'amico Ottiero Ottieri.
La narrativa si problematizza, e in Ottieri, fin dal primo romanzo Memorie dell'incoscienza (1954) e dai successivi Tempi stretti (1957) e Donnarumma all'assalto (1959), si realizza una fusione tra il personale, il pubblico e il letterario. L'intellettuale, secondo Ottieri, non è più scisso dalla vita pubblica; al contrario, ha il dovere di entrare fisicamente nella propria funzione sociale. 
Per fare questo, la forma proposta è un diario o saggio, da ambientarsi però in un contesto dai requisiti romanzeschi, evadendo dalla tradizionale centralità dell'io.  

Molto spesso, nelle autobiografie di Ottieri (e anche di Volponi) viene prescelta una "prima persona degradata" (Grisi), talvolta addirittura una marcata antitesi dell'autore, un personaggio culturalmente più basso e senza difese, al fine di concretizzare quelle istanze sociali che non avrebbero spazio in un personaggio corrispondente (ricordiamo che sia Ottieri che Volponi non sono semplici operai, ma ricoprono ruoli di spicco nelle ditte in cui lavorano). 


Una prova molto interessante è la voce critica di La linea gotica, taccuino che racchiude i pensieri tra il 1948 e il 1958: sono dieci anni importanti per le meditazione sulla fabbrica, dieci anni che raccolgono frammenti diversissimi, impegnati, schierati, ma anche frammenti della vita di Ottieri come autore, uomo, amante, attento osservatore della realtà. Eccone alcuni esempi:
Mania di tirare continuamente le somme della vita, minuto per minuto, a freddo, con la testa. Mania che impedisce di vivere, chiamata bilanciomania. Mentre allineo gli addendi e faccio i conti all’inseguimento del totale, sto fermo. (25)

Mi sento sradicato. Qualsiasi storia romanzesca è figlia di un ambiente. Quindi mi sento solo velleitariamente romanzesco. Non ho assimilato Milano, la vedo male. Dalla stanza del mio ufficio ho pensato più a me stesso, alla mia libertà, alle mie schiavitù, che al mondo, e il passato l’ho perduto.L’istinto autobiografico imperversa sempre. Ma qualcosa ce ne allontana con forza. Il gusto di ricapitolare la propria vita e di sfruttarla, cronologicamente, così com’è stata, senza cambiare nulla, per il fatto unico d’essere una storia, c’è sempre. Esiste sempre questo libro di sé, in potenza, in astratto, un calco fedele.
Eppure solo l’ebbrezza di spencolarsi fuori di sé per afferrare gli altri e inventare, dà la liberazione e la creazione. Il personaggio autobiografico, per quanto complesso, viene fuori piatto, impalpabile; punisce della pigrizia di non aver inventato; altre figure, più semplici, risaltano a tutto tondo e sono più vive, ricompensando l’autore dello sforzo d’averle immaginate distinte da sé e di avere sacrificato la meraviglia di se stesso.Potrei scrivere (o vivere?) una “avventura” sulla traccia unicamente dei soldi, una storia di puri fatti economici, un dramma monetario, dove il denaro fosse l’assoluta oggettività e l’assoluto altro-da-me. (52-53)
Come ricordato da Furio Colombo nella prefazione,
Improvvisamente, nella riflessione saggistica, irrompe il suo privato, il suo intimo, un frammento di amore, sofferenza o relazione con qualcosa o qualcuno che lo riguarda come individuo, non come mondo o classe o destino. (10-11)
Non mancano rilievi letterari tratti dalle letture in corso, come riflessioni sul diario di Pavese o sulla letteratura di Alvaro; ad amare prese di coscienza sull'illusione socialista e della fabbrica, si alternano sprazzi di vita familiare, le donne amate, la vita milanese tanto diversa da quella romana,... a testimonianza di quanto davvero la vita privata e la dimensione pubblica in Ottieri arrivino a intrecciarsi continuamente.

Gloria M. Ghioni