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Lux in arcana. L'Archivio Segreto Vaticano in mostra ai Musei Capitolini

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Solitamente l’uomo è affascinato da ciò che è segreto e nascosto. Le nostre conoscenze moderne provengono proprio da quegli uomini che hanno saputo spingere il loro desiderio oltre i limiti che ci separano dal secretum, dal non rivelato o sconosciuto.
Luogo privilegiato di scoperte sono da sempre gli archivi. Il nostro Paese ne possiede tanti ed ora quello più famoso e per anni inaccessibile, se non agli studiosi, si mostra.
L’archivio privato dei papi, l’Archivio Segreto Vaticano, è il luogo in cui a partire dal XVI secolo i documenti che hanno come autore o destinatario il Vescovo di Roma e la sua Curia, sono nuovamente raccolti, ordinati e custoditi.
Alcuni di questi documenti sono stati organizzati ed esposti nelle sale del Palazzo dei Conservatori sede dei Musei Capitolini come rappresentanza dell’enorme patrimonio documentario che viene custodito dalla Chiesa. La cornice delle splendide sale del Campidoglio offre ai visitatori la possibilità di avvicinarsi a delle vere e proprie rarità: documenti originali, carte autentiche, pergamene, bolle pontificie, manoscritti, sigilli ecc... La prima sensazione che si prova
a stare di fronte agli originali del processo di Galileo, dei Templari, o alla richiesta dei Lords inglesi di sciogliere il matrimonio di Enrico VIII, all’autografo di Bonaparte o dell'imperatrice d’Austria Elisabetta (Sissi) è di constatare il valore e la consistenza della storia che negli anni di scuola ci ha accompagnato di interrogazione in interrogazione. Lungo tutta l’estensione delle sale di esposizione si percepisce la Storia nel suo mostrarsi quale studio delle fonti, ricerca  dei documenti e di tutti quei processi di analisi che  assicurano la tangibilità del passato nelle sue espressioni semplici ed eclatanti. Con la mostra Lux in arcana si può entrare idealmente nel vortice degli eventi che hanno cambiato il nostro mondo avendo di fronte agli occhi le reliquie lasciate da personaggi famosi come Lutero, Mozart o Federico Barbarossa.


Per certi versi seguire l’itinerario espositivo fa riflettere su alcune parole di Cesare Pavese:
Quando un popolo non ha più un senso vitale del suo passato, si spegne. La vitalità creatrice è fatta di una riserva di passato. Si diventa creatori - anche noi - quando si ha un passato. La giovinezza del popolo è una ricca vecchiaia (genius is wisdom and youth).
(Pavese, C., Il mestiere di vivere. Diario 1925-1950, Einaudi, Torino 2000, p. 155, 6 luglio 1939)

Alla luce delle azioni dell'uomo e secondo il susseguirsi degli eventi che costituiscono la pienezza di energia,  la nostra attenzione al passato acquista nuove iridescenze che spronano a non dimenticare l’identità realizzata prima di noi e a non permettere che ciò che ci ha preceduto sia abbandonato all’eterno oblio.
Nell’ultima sezione della mostra in cui si trovano frammenti della storia contemporanea nella sua espressione più dolorosa significata dalla II Guerra Mondiale, alcune bacheche mostrano gli effetti che l’incuria può creare sui documenti. Sono esposti infatti alcuni testi rovinati dal fuoco, dagli insetti, dai roditori, dai fenomeni atmosferici. Dopo tante meraviglie viste nelle sale precedenti quasi si prova un raccapriccio nell'osservare il supporto materiale deformato ed inutilizzabile, roso, devastato dal fuoco o dall’acqua. Anche queste sono delle reliquie che richiamano con forza il visitatore all'esigenza di curare i documenti non solo come oggetto antico ma come forma eloquente di un passato, di una “ricca vecchiaia” che è il fondamento della nostra “giovinezza di popolo”.

Francesco Bonomo