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L'esatta sequenza della narrativa di Fabio Geda

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L’esatta sequenza dei gesti
di Fabio Geda
Instar Libri, Torino 2008

Quando aveva scelto quel lavoro sapeva che si sarebbe dovuto trasformare in un tritatutto per i residui emotivi dei ragazzi, nella tazza del cesso in cui avrebbero vomitato il loro passato. Quello che non sapeva è che l’odore del rigurgito se lo sarebbe portato dietro per sempre.
Avrebbe voluto sistemare il mondo così come incastrava i tetramini.
Poi le vite dei ragazzi hanno preso a cadergli addosso sempre più frequenti.

Torino. In via Paolo Sarpi 43, la comunità per minori disagiati ha tutte le finestre accese: ci sono luci narrativamente più fievoli (Razjieda, Marianna, Ahmed,…) e quelle dannatamente vivide (Marta e Corrado, ma anche i responsabili Ascanio ed Elisa). Fuori, il mondo che assalta senza pietà: sotto un occhio di bue Antonella Semaschini, la madre di Marta e dei suoi fratelli, ubriaca e incapace di gestire la propria vita familiare e matrimoniale; Roberto Semaschini, padre di Marta, immaturo per quanto attaccato ai figli; e le assistenti sociali, l’appena accennata Angela e Lea, che impara a riapprezzare il suo equilibrio familiare così in contrasto con la quotidianità lavorativa.
Se dovessimo per forza isolare un’ipotesi di protagonisti,
potremmo ridurre ai minimi termini e portare tutte le luci su Ascanio, Marta e Corrado. Per quanto indivisibili dal resto dei personaggi, Geda scava più profondamente nel loro vissuto e, soprattutto, nei loro pensieri, senza mai palesare la presenza scomoda dell’autore demiurgo. Anzi! A fine giornata, Ascanio affida le sue riflessioni a un blog, di cui Geda propone il testo dell’educatore e anche i commenti (e si noti lo sguardo ironico sugli pseudonimi degli intervenuti). Per Marta, è diverso: è la ragazzina a rivelarsi nei suoi atteggiamenti, descritti ma non interpretati dallo scrittore. E poi c’è Corrado, coi suoi pensieri in corsivo, che rompono e a volte cozzano con i gesti: un’emotività scossa impone al ragazzo di stare sulle sue, di disubbidire agli educatori per affermare la propria indipendenza, e soprattutto per mettere a tacere quel desiderio di affetto che riversa nell’impresa impossibile di trovare tremila euro per festeggiare l’uscita di prigione della madre.

Cosa accade quando personalità tanto diverse si incontrano e sono costrette a convivere? L’interazione è il maggior punto di forza di questo romanzo: le frizioni e gli abbracci, i conati a dire e i successivi ripiegamenti sui propri trascorsi che, marchi indelebili, non impediscono ma raffreddano i legami:
«Sembra indeciso sull’esatta sequenza dei gesti, come avesse scordato le istruzioni per l’uso. Ma alla fine riesce a comprimere lo spazio tra loro due, e la stringe in un abbraccio goffo, sì, ma intenso».
In tutti, per quanto declinato più o meno puerilmente, si trova il desiderio di diventare «la persona preferita di qualcuno», per citare il titolo dell’ultima sezione del romanzo. E l’impressione nel lettore è che Geda tra il mondo e la sua rappresentazione scelga sempre il primo. 

Gloria M. Ghioni