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La fine di un amabile reazionario e del suo mondo. "L'anno della morte di Ricardo Reis" di José Saramago

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L'anno della morte di Ricardo Reis
di José Saramago
traduzione di Rita Desti
Feltrinelli, 2010




L'anno della morte di Ricardo Reis è un libro che non si può leggere in metropolitana, di corsa, camminando per le strade inseguendo il mito della velocità. È un romanzo che si legge in poltrona, con una luce bassa, il modem spento e il cellulare lontano. Solo così noi tutti possiamo essere Ricardo Reis, ritrovare il gusto della lentezza, di un mondo che non corre e di un tempo più umano. 

1936: anno cruciale nella storia del nostro continente. Il 18 luglio iniziava la Guerra Civile Spagnola, conflitto che sarebbe stato la prima nota di una triste melodia che si concluderà solo nella primavera del 1945. Il 1936, però, è anche L'anno della morte di Ricardo Reis come ci racconta José Saramago in uno dei suoi romanzi più interessanti, nel quale intesse un fitto rapporto intertestuale con il più importante poeta portoghese del XX secolo, Fernando Pessoa.
Ricardo Reis è uno degli eteronimi assunti dal poeta:
medico conservatore, monarchico, si rifugia in Brasile quando in Portogallo viene proclamata la Repubblica, in segno di protesta. Rappresenta il legame di Pessoa con il classicismo, data l'abitudine di Reis di comporre versi oraziani, dai richiami bucolici e con una certa vena stoicista. Pessoa, però, muore nel novembre del 1935 e non conclude la parabola vitale di questo personaggio dal sapore antico, reazionario ma in un certo senso nostalgico rappresentante di un universo etico che non esiste più. Saramago ne raccoglie l'eredità e concede a Ricardo Reis un ultimo anno di vita che si apre alla fine del 1935, con il ritorno in patria dell'esule volontario, dandogli in questo modo quella carne e quei sentimenti che il poeta non aveva avuto modo di concedergli. E fin dall'inizio è chiaro che con Ricardo Reis i protagonisti di questo romanzo saranno anche il poeta suo creatore, che apparirà sotto forma di spirito, e soprattutto la città di Lisbona con le sue salite, i suoi tram, quel fiume Tago sul quale si affaccia e che la protegge dai pericoli che potrebbero venire dall'Oceano. Lisbona non è solo lo sfondo, il contesto nel quale Ricardo si muove, ma è una vera e propria compagna; come Pessoa con cui Reis intrattiene conversazioni notturne che hanno come tema la vita, la morte e soprattutto la poesia. In questo modo il romanzo si trasforma in un'occasione per una riflessione metaletteraria:
"Dimmi solo una cosa, è come poeta che io fingo, o come uomo, Il tuo caso, amico Reis, è senza rimedio, tu, semplicemente, ti fingi, sei finzione di te stesso, e questo non ha già più niente a che vedere con l'uomo e con il poeta, Non ho rimedio, È un'altra domanda, Sì, Non ce l'hai perché, prima di tutto, non sai nemmeno chi sei, E tu l'hai mai saputo, Io non conto più, sono morto" (101)
Il poeta e il suo personaggio confondono le loro voci in un dialogo tra personaggio e poeta che porta senza mezzi termini al fatto palese che il primo sopravvive, sempre, al secondo. La scrittura di Saramago è un fiume in piena che non concede tregua al lettore: le voci si sovrappongono, il punto di vista si moltiplica e la realtà appare sotto una luce diversa, non descrittiva né tanto meno oggettiva. Ricardo Reis si fa amare per quel suo gusto antico, ma si fa anche odiare per il suo rapporto con Marcela, la cameriera dell'Hotel Bragança, la prima residenza del medico di ritorno a Lisbona. Reis è sostanzialmente inetto, sembra farsi travolgere dagli eventi, li subisce, ma allo stesso tempo li controlla come se già sapesse che il tempo a sua disposizione non sarà molto. Le apparizioni di Pessoa accompagnano Reis in tutto il suo soggiorno; il poeta è in una fase di passaggio verso l'aldilà e ad ogni visita i suoi contorni sono sempre meno definiti fino a quando non scompare del tutto. In quel momento: dopo aver ripreso la sua attività di medico, assistito alle dimostrazioni di forza del regime dittatoriale di Salazar e, soprattutto, aver assistito all'invasione in Portogallo degli spagnoli in fuga dalla Guerra Civile; in quel momento, dicevamo, in cui si chiude un'epoca che lascerà spazio a un conflitto lacerante dopo il quale il mondo non sarà più lo stesso e nel quale Ricardo Reis non avrebbe trovato alcuno spazio; lì, Saramago pone fine alla sua esistenza:
"Uscirono di casa, Fernando Pessoa osservò ancora, Non hai preso il cappello, Lo sai meglio di me che là non si usa. Erano sul marciapiede davanti al giardino, guardavano le luci pallide del fiume, l'ombra minacciosa dei monti. Allora andiamo, disse Fernando Pessoa, Andiamo, disse Ricardo Reis. Adamastor non si voltò a guardare, gli sembrava che questa volta sarebbe riuscito a emettere il grande urlo. Qui, dove il mare è finito e la terra attende" (361)

Alessio Piras