in

Scrittori in ascolto - Lorenzo Coveri, Viaggio nelle lingue di Fabrizio De André

- -
Lorenzo Coveri e Giuseppe Polimeni
LORENZO COVERI 
"Viaggio nelle lingue di Fabrizio De André"

Pavia - Collegio Santa Caterina 
24 maggio 2011, h. 17.30

Introduce Giuseppe Polimeni (Università di Pavia) 

Segue la premiazione dei vincitori dell'8^ edizione del concorso "I poeti laureandi"


Sono le 17.30 di un martedì afoso padano, quando ha inizio l'incontro annuale con le parole della canzone. Lo scorso anno era stato ospite Giuseppe Antonelli, con il suo Ma cosa vuoi che sia una canzone, per una piacevolissima analisi dei testi italiani degli ultimi cinquant'anni. 
Lorenzo Coveri
Quest'anno, è la volta di Lorenzo Coveri, professore ordinario presso l'ateneo genovese, studioso di dialettologia romanza e ligure, giornalista pubblicista, tra i promotori della lingua italiana come lingua seconda all'estero, visiting professor in Ohio e Rio De Janeiro. Gli interessi accademici di Coveri si intrecciano alla passione per la canzone italiana, nel primo volume La lingua di Luigi Tenco (2003), e nei successivi I dialetti (e le lingue) di De André (2004), Il dialetto nella canzone (2008), e proseguiranno nel volume di prossima pubblicazione La lingua della canzone.

Nella sempre bella cornice del collegio Santa Caterina, Coveri propone un percorso nello studiatissimo (un centinaio di monografie e molte più tesi di laurea!) universo di Faber. In particolare, si sofferma su Creuza de mä, album concettuale scritto con la collaborazione di Mauro Pagani, che nel 1984 aveva destato totale sconcerto anche nel pubblico genovese. Nel progetto originale vi era il desiderio di scrivere un album che rispecchiasse il Mediterraneo, e non solamente la Genova degli ultimi. Per realizzare ciò, De André sceglie una commistione di elementi linguistici altri, non solamente genovesi, come si evince dalla canzone omonima. 
In particolare, l'operazione linguistica di De André è ben precisa: non scrive un album dialettale, ma un album in dialetto, ovvero non un album populistico, ma elegantemente ricercato. Il dialetto, infatti, per De André non è una lingua parlata (ricoridamo che la sua famiglia era piemontese), ma è una lingua poetica, cantata con una pronuncia quasi da alloglotto. Anche questi elementi confermano la scelta anti-folklorica; piuttosto, a detta del poeta genovese Roberto Giannoni, il dialetto è uno strumento di trasgressione, per prendere le distanze dall'alta-borghesia da cui proviene la famiglia De André. 

Inoltre, questa cosiddetta "terza fase" della produzione di De André si apre in linea con le tendenze della poesia italiana, che negli stessi anni vedeva l'affermarsi della poesia "neo-dialettale". Non stupisce dunque che su oltre cento testi scritti da Faber, molti contengano elementi dialettali o di altre lingue. Oltre al genovese, Coveri riflette sui testi in gallurese (la Sardegna sarà la seconda patria d'adozione di De André), dal francese (in particolare negli anni '60, soprattutto da Brassens, che Faber considera non solo una fonte poetica ma anche un maestro di vita), dall'inglese (Cohen, Dylan, Edgar Lee Masters), ma anche dall'America latina (come la discussa Prinçesa). 
Se l'analisi di Coveri era stata aperta della proiezione di Creuza de mä, eseguita da Faber in uno dei suoi ultimi concerti, l'incontro si è concluso con l'altrettanto intensa Dolcenera. I presenti hanno accolto le tante suggestioni di Coveri con un lunghissimo applauso.


Al termine dell'incontro, la rettrice del Collegio S. Caterina, la professoressa Maria Pia Sacchi, ha dato inizio alla premiazione dei vincitori del concorso di poesia "I poeti laureandi", giunto alla sua ottava edizione. In una sobria cerimonia, che ben si sposa con l'atmosfera familiare del collegio, i premiati hanno letto la poesia con cui si sono aggiudicati chi il terzo premio (Lorenzo Marchese), chi il secondo (Sara Eusebi) e chi il primo (Stefano Damiani). Ogni tre edizioni, le poesie vincitrici e quelle segnalate vengono raccolte in una plaquette per le edizioni del collegio.

La rettrice Maria Pia Sacchi e la giuria

 Gloria M. Ghioni