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DAVIDE DALMIGLIO: Nuvole a Vapore

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Nuvole a Vapore
di Davide Dalmiglio
Onyx Editrice, Roma 2010
€ 12,00

Nuvole a vapore
Vapore magmatico e sprezzante, salmastro, non caliginoso.
Vapore post-atomico, tempestivo di nubifragio, fragoroso di guerriglia, imberbe.



Perseverante negli intenti ideologici e sporcata nelle forme linguistiche, mai affabulatorie, la raccolta poetica di Davide Dalmiglio, giovane e spigliato autore di testi anche in prosa, è risultata vincitrice ex-aequo del Premio Nazionale di Poesia edita “Opera Prima - Città di Penne - Fondazione Piazzolla” per l’anno 2010.

Prova scanzonata di scrittura derisoria, demistificante sbadiglio di “realismo onirico” che, come sottolinea Mario Lunetta nella prefazione al testo, non sembra spartire alcun podio con la corriva produzione poetica odierna, per lo più imbellettata da piangenti autocelebrazioni intimiste nient’affatto autoironiche.
Se del narcisismo pure trabocca indiscusso dai versi salaci di Dalmiglio, nell’indugiare macilento sullo sfiancante risico dei ruoli pubblicitari, sulle crude fisicità mercificate, su una virilità scodinzolante di rimbrotti, si tratta pur sempre di una sorta di miniatura del superomismo, che mai adombra l’incattivito disgusto per un agire sociale e politico ormai scevro del benché minimo raziocinio, non dissimulando l’acredine fintamente rassegnata, goffamente platealizzata per la deriva emotiva e scrittoria che ottenebra il panorama odierno, spingendosi fino all'imprecazione malcelata contro un cielo tutt’altro che rassicurante: appunto, nuvoloso.
Sia chiaro, non siamo certo al cospetto di un improvvido moralizzatore, in preda a qualche tradiva velleità da santone new age!

Forse, se degli archetipi vanno ricercati, l’io poetante può assumere giocosamente le sembianze di un novello Prometeo, coi piedi ben ancorati al suolo e lo sguardo vigile su un retroterra culturale dalle contraddizioni radicali, che si aggira famelico in un pittoresco nugolo di avvoltoi politici stancamente involuti, sorreggendo da spavaldo equilibrista un effimero pulviscolo di idee industriali e gassose nostalgie sociali.
(Parallelo questo, reso peraltro egregiamente dall'immaginifico talento dell'esperta disegnatrice che ha curato la copertina del libro, Silvia Santirosi.)
In tutta la prima parte del libro, dunque, si tasta con mano la sinestetica energia stancante di una curiosa passeggiata mentale lungo ameni vialetti febbrili, in un arboreo dispiegamento di flashes e ricordi quotidiani, misti ad aneddotiche illuminazioni, inattese fenomenologie da contrattempi, paradossali spot contro-pubblicitari, giocosi moti di anti-populismo feroce, in una - così delineata da Lunetta - 
sorta di flanerie irritata, compiuta fuori e dentro se stesso.
Giunti alla seconda sezione della raccolta, ecco il bisogno di sedersi, a rimirar non tanto le stelle quanto se stessi, squarciando per un attimo quel velo di Maya attraverso il quale Dalmiglio osserva e ammanta il reale - non sempre realistico - che lo circonda.
Seduti sì, dunque, ma su una giostra vietata ai minori e ai deboli di cuore, una giostra ossessivamente corporale, pseudo-demoniaca, che eccita i corpi in una tensione erotico-sensoriale gonfia di odori e sgusciante di forme, alla ricerca di un appagamento mentale mai raggiungibile.

L' ultimo capogiro, con la terza parte del libro, "ringhia ancora nello scolo", dei registri lessicali volutamente anti-anonimi, contraddittori, intrisi di provocazioni irrisolte perchè quasi eccezionalmente irrisolvibili, in una mai banale retorica dell' anti-ovvietà, non ostentata bensì maturata esperenzialmente, durante 
un passaggio, passato presto nei ricordi di viaggio
di quel citato flaneur, appunto, che fa maratone contromano e s' inerpica controvento su pendici comicamente cremose, seducenti e ghiotte quanto un Sorbetto.
Così vezzeggia Davide la semplicemente complessa lettera al padre che conclude Nuvole a vapore, che inaugura, per dispettoso contrasto, il ferreo proposito scanzonato di 
provare nuove strade, sovvertire il gusto dominante.

È una location di nuvole a vapore contro il cielo
spianate barocche sulla trapunta medioevale
per sfoltirsi, potare periferie e brecce taglienti
fino al grumo gemmato, la sequenza posticcia
di abbeveratoi e mangiatoie designate, licenziate

Aperitivizzati, ci incontriamo e scambiamo
citandoci addosso, fra scorci e minute visioni
erezioni compunte fra libri e lucine, piccine
smarrimenti monacali, deboli (anche quelli)
pentimenti di fine corso, dopolavoro ripieno

Il feticcio nodoso randella le voci in sfoglie
delicate, invita ai fanghi benessere lungo
il fronte lunare, la postazione interinale
la circonvoluzione passerellante nei vicoli
le nuvole a vapore, ora in condensa cranica

È rimasto lo spaventapasseri bifronte, evergreen
del senso di colpa scadenzato a libere cambiali
ormai, soltanto Stalin e non più Stalingrado
il feticcio colorato (non più sinistro) rinnovato
la città è dimenticata, squadrata, cementificata

L' aria ferma dei cristalli, si scuote appena
nel – grado alzo zero – della scrittura militante
ma c’è sempre un ticchettio sinistro in fondo
all’arcobaleno tracciante dei mitra, sulla frontiera
sogna pure farfalle, per ogni passo ci sono tre mine
Francesca Fiorletta

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Davide Dalmiglio, nato a Roma nel 1976, laureato in Teoria della letteratura presso l’Università La Sapienza, nel 2001-2002 ha frequentato il Laboratorio di scrittura per la narrativa, la sceneggiatura cinematografica e del fumetto, patrocinato dalla Regione Lazio, presso il Laboratorio di giornalismo e tecniche audiovisive; nel 2007 ha frequentato il Corso propedeutico di giornalismo, presso la casa editrice Avverbi, e ha collaborato a lungo col mensile la Città Tuscolana.