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Ero quel che sei

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Ero quel che sei
di Giorgio Todde

Il Maestrale, 2010
184 pp.


Col suo ultimo lavoro Ero quel che sei, Giorgio Todde procede sulla scia già delineata dal suo romanzo Ej nel 2004 confezionando un noir singolare, metafisico e a tratti surreale che vede protagonista una città dai due nomi, Epipanormo e Talattone, rispettivamente il quartiere “alto” e nobile e il borgo “basso” abitato dalle classi sociali più umili: una realtà urbana che può ricordare la Cagliari spagnola del Seicento.

Tra le mura delle due comunità (che costituiscono la medesima realtà urbana) accadono una serie di eventi delittuosi al centro dei quali sono coinvolti due amici, entrambi insegnanti di letteratura. L'unico filo conduttore sembra essere il forte odore di pesca che si spande nei luoghi del delitto. Col suo stile, Todde descrive le scene allo stesso modo in cui un pittore dipingerebbe un quadro: utilizza le parole come pennellate su una tela, racconta gli eventi con piglio quasi favolistico e ne porta in primo piano l’aspetto metafisico e la ricerca spirituale che si compie man mano che le indagini sui misteriosi delitti proseguono.

L’attenzione ai dettagli, il lirismo che Todde parzialmente conferisce alla sua scrittura e la gamma di situazioni insolite attraverso le quali l’opera si snoda fanno di Ero quel che sei un romanzo particolare, velato di un surrealismo che pur andando a discapito dell’immediatezza dell’opera, ne costituisce anche uno degli aspetti più affascinanti. Aspetto che maschera con sapienza ed eleganza la critica di fondo, accompagnata da una dose di ironia con la quale Todde affronta il rapporto tra Uomo e Verità, quella giuridica e materialista che intende svelare scoprendo l’assassino, e quella morale e spirituale che va di pari passo alla ricerca dell’altra.

E la serie di delittuosi eventi che si verificano nella città dai due nomi affonda le proprie radici negli avvenimenti che portarono alla sua fondazione, mettendo in scena un altro mondo: quello precedente alla creazione della città, ambientato in una Grecia antica dalla quale un gruppo di giovani attori di teatro parte, alla ricerca delle terre abitate dagli Iperborei. I fuggiaschi sfidando la sorte e compiono un viaggio alla ricerca dell’ignoto, che altro non è se non una trasposizione dal sapore omerico della ricerca dell’incomprensibile. Ricerca che in Ero quel che sei costituisce uno dei pilastri cardine dello sviluppo del romanzo.

Il filo conduttore che collega il mondo bucolico e primevo a cui risale la fondazione di Epipanormo a quello contemporaneo della storia è, insieme all’eredità di sangue che unisce i fondatori della città ad alcuni dei personaggi, proprio l’odore di pesca che contraddistinguerà le scene in cui si svolgono i delitti, che in questo modo evidenzia «la sensazione del sacro che sempre emana da un sito sul quale nasce e si accresce una città».

Un libro di non facile lettura, la cui trama è spesso confusa, sfocata e volutamente posta in secondo piano rispetto alla descrizione degli eventi. Realizzata mediante un linguaggio ricercato, cesellato, tendente al lirico, che va oltre la superficie delle cose e ne coglie l’aspetto più profondo e nascosto. Un linguaggio che ciò nonostante riesce magistralmente, rappresentando una realtà onirica, a mettere in scena la relazione metafisica tra umano e sovrumano.