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Essere l'altro

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LA FORZA DELL'EMPATIA
Una storia dei diritti dell'uomo
di Lynn Hunt
Editori Laterza 2007



L’uso dell’espressione diritto naturale è tanto comune che non esiste un uomo che non sia convinto dentro di sé di conoscere con chiarezza il concetto. Questo sentimento interiore è comune al filosofo e all’ignorante.

Così Diderot si esprimeva riguardo a le droit naturel. In questo saggio stravagante la Hunt cerca di seguire il processo che ha proiettato il diritto naturale nella dimensione di una coscienza universale e che ha reso concepibili le due pietre miliari della storia dei diritti, le Dichirazioni del 1776 e del 1789. La sua teoria si basa sul legame tra ciò che avviene all’interno del sé e i fenomeni sociali che cambiano la Storia, analisi che parte dal presupposto che questi ultimi siano il prodotto dell’elaborazione e della maturazione di una certa visione del mondo. L’interiorizzazione della visione del mondo che portò a dichiarare i diritti di ogni uomo subì una decisiva accelerazione nel XVIII secolo grazie a nuovi strumenti di diffusione del pensiero e a nuovi tipi di esperienze che rafforzarono le pratiche culturali dell’integrità fisica e dell’individualità empatica. La storia dei diritti umani infatti sembra erigersi su quella del concetto di autonomia, principio fondante della stessa corrente illuminista, un’autonomia morale ed etica (etsi deus non daretur), un’autonomia politica ( lo stesso Jefferson che pure riconosceva una paternità divina ai diritti affermava che è poi l’uomo a doverli conservare attraverso l’istituzione di governi).

Il saggio però si concentra su una forma di autonomia meno trattata, quella del corpo, quale consapevolezza sempre più profonda della sua separatezza e inviolabilità . Quanto più è forte questa consapevolezza tanto più possiamo riconoscere nell’altro un nostro simile e quindi fare esperienza della forza dell’empatia. È come se all’inizio di questo percorso si scatenasse un impulso egoistico e solo un attimo dopo si giustificassero tali pretese con un linguaggio universale che ammette l’io e gli altri, in quanto simili, a godere dello stesso diritto. La stessa immedesimazione dunque che porterà all’abolizione della tortura è la conseguenza di una maggiore spinta individualistica intesa come coscienza del sé. Kant ci spiega l’Illuminismo scrivendo che è “ l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità che è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro”. In questa frase non a caso compaiono i termini se stesso e altro come termini di una relazione necessaria certo, ma che deve essere fondata sulla reciproca autonomia che significa anche riconoscimento. Pensando ad esempio a quanto è difficile definire il concetto di giustizia, mi viene in mente una delle massime che ritroviamo in tutte le religioni “non fare agli altri quello che non vorresti gli altri facessero a te”, cos’è questa se non empatia? Capacità di uscire fuori da se stessi e porsi nell’altro. Il celebre costituzionalista Zagrebelsky scrive “è più semplice dire cosa non è giusto che cosa è giusto”. Nel XVIII secolo ad esempio la tortura inizia a far inorridire, questo perché cambia la visione del dolore e del corpo che non appartiene più alla comunità e non è più veicolo di espiazione di colpe collettive ma è dell’individuo.

Una delle pratiche culturali che maggiormente influirono sull’accelerazione dello sviluppo di un’ empatia sociale, che oltrepassasse i confini del proprio nucleo familiare e delle persone vicine (non vera empatia ma familismo amorale come direbbe Banfield), è stata sicuramente la lettura di romanzi e quotidiani che hanno delineato la figura di una comunità immaginaria e valorizzato una moralità laica attraverso la vita ordinaria dei protagonisti. La Hunt si sofferma sull’analisi di alcuni romanzi “Giulia o la nuova Eloisa” di Rousseau, “Pamela” e “Clarissa” di Richardson tutti pubblicati nella seconda metà del XVIII secolo in Europa e “Robinson Crusoe” pubblicato nelle colonie americane nel 1774. Leitmotiv di questi romanzi, non a caso epistolari, tecnica narrativa che agevola l’immedesimazione e allo stesso tempo contiene una presenza più imponente dell’io, è il desiderio di autonomia: dalle proprie passioni, dall’autorità del proprio datore di lavoro, dall’autorità dei genitori e delle convenzioni, fino ad arrivare alla storia di un naufragio che insegnerà all’uomo come provvedere a se stesso; metafora visionaria della successiva dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America dalla madre patria? A ben rifletterci i diritti che si sono affermati con la rivoluzione francese, una rivoluzione borghese, riguardano tutti libertà da, e bisogna attendere il XX secolo per la conquista di quei diritti che sono libertà di.
Molti sono gli altri segni superficiali di questa profonda trasformazione culturale che avrà conseguenze politiche e giuridiche: il consolidamento stesso della persona riservata, di un maggiore pudore riguardo l’espletamento delle funzioni corporali ,come non fare bisogni in pubblico, non usare indumenti per ripulirsi, non gettare escrementi dalla finestra (pratica perpetrata fino alla metà del XX secolo in molti luoghi dell’entroterra), ascoltare la musica o guardare gli spettacoli in silenzio per favorire la riflessione, la distribuzione dello spazio nelle case cercava di rispettare la riservatezza personale, il dominio della ritrattistica tra le arti visive è un’altra forma raffinata del bisogno individuale di manifestarsi. Chiaro che questi cambiamenti dello stile di vita valgono per le classi nobili. Anche quando parliamo di diritti di ogni uomo non bisogna dimenticare le limitazioni nell’ estensione a donne, schiavi, uomini al di sotto di un certo censo, minoranze religiose e questo proprio perché erano considerati privi di una capacità morale autonoma e di discernimento.

Il saggio si apre con una considerazione che torna alla fine come una domanda alla quale non si è in grado di rispondere: se questi diritti sono di per sé evidenti come dicono le stesse Dichiarazioni perché c’è bisogno di affermarli? Ma soprattutto possono considerarsi universali se non sono applicati in tutti i Paesi del mondo? Se sono continuamente violati?Come promuoverne la diffusione? La Hunt conclude scrivendo che “la storia dei diritti umani dimostra che alla fine il miglior modo per difendere i diritti è affidarsi ai sentimenti, alle convinzioni e alle azioni di un gran numero di individui che chiedono risposte che si accordino con il loro senso dell’indignazione”.