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L’epico scontro tra uomo e natura nell’ultimo libro di Erri De Luca “Il peso della farfalla”

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Il peso della farfalla
di Erri De Luca
Feltrinelli 2009
pp. 70
Euro 7.50

Un acrobata delle vette, l’animale di montagna più perfetto, il re dei camosci ormai alla fine della supremazia sul suo branco e l’uomo, il bracconiere, il ladro di bestiame. Un incontro, un duello, l’ultimo, il destino che si incrocia in un abbraccio mortale; un albero e i suoi rami sospesi nell’aria, la visita dell’uomo, e i racconti dei fulmini. Delicato, commovente e intenso è il nuovo libro di Erri De Luca, “Il peso della farfalla” (ed. Feltrinelli), due storie montane, attraverso le quali viene raccontato il rapporto uomo-natura, fatto di rispetto, di amicizia e di sfida. Un vecchio bracconiere-alpinista solitario, l’uomo, e il vecchio re dei camosci, «le cui corna presto si sarebbero arrese a quelle di un suo figlio più deciso», si incontrano e si sfidano. Entrambi stanchi, ma di quella stanchezza sazia, di chi ha dato e sa di non volerne più, entrambi coscienti della imminente fine che va affrontata con fierezza. Una farfalla, simbolo di regalità, il cui peso, come quello di una corona, fa crollare l’uomo. La morte sopraggiungerà per entrambi su quella montagna testimone di avventure, lotte per la sopravvivenza in «un giorno perfetto, di nitido confine tra un tempo scaduto e uno sconosciuto». Sono due solitudini che si incontrano, due vite selvagge e fuori dagli schemi, «in ogni specie sono i solitari a tentare esperienze nuove. Sono una quota sperimentale che va alla deriva, dietro di loro la traccia aperta si richiude». Erri De Luca, in questo racconto, entra nelle vite dei due personaggi senza nomi, con la delicatezza e la sensibilità proprie di una farfalla, così vicino al mondo animale quanto a quello umano, concentrando in poche pagine l’essenza della vita e della morte, con un linguaggio ricercato ma non manieristico. Le descrizioni dei luoghi naturali sono sensoriali, tanto che sembra di sentire l’odore della terra umida di novembre, di germogli di mugo e ginepro, o di avere sotto gli scarponi la nerboruta radice di un cirmolo. È quasi una poesia romantica anche la seconda, breve, storia “Visita a un albero”, che racconta la bellezza pura e forte di un cirmolo («Esistono in montagna alberi eroi, piantati sopra il vuoto, medaglie sopra il petto di strapiombi»), un albero solitario, che si sporge dalla roccia su un abisso, appoggiato all’aria. Lo scrittore alpinista gli fa visita e «tra un albero e un uomo la conversazione corre ai fulmini».

Luisa Roberto