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"Caduti in volo" di Maurizio Gramegna

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Caduti in volo
di Maurizio Gramegna
Novi Ligure, Puntoacapo Editrice, 2009

€ 15,00
pp. 154

La Grande Storia è stata creata da tante piccole costole di storie minori, che sarebbero state dimenticate, se i protagonisti o i testimoni non le avessero consegnate alla memoria di amici, concittadini, parenti… O alla memoria di pagine oneste, che non s’approfittano della storia per costruire una fictio letteraria piena di orpelli. E sono pagine oneste, queste che Maurizio Gramegna, ben noto poeta, offre ai lettori in veste di narratore: nessuno stile gonfio, ma una scrittura secca ed essenziale, mai arida, proprio come richiede paesaggio collinare dell’Oltrepò, tanto amato dai suoi abitanti, trasformato all’improvviso in rifugio per i partigiani. Tra questi, due amici inseparabili fin dalla nascita, Tino e Carlo, che hanno scelto di sfuggire a una guerra in cui non credevano. E il partigianato li ha accolti sulle colline attorno a Stradella, Broni e Portalbera, in quella Lombardia quasi-Piemonte che non può non incantare per la tranquillità e il morbido silenzio delle sue vigne.
Alle loro spalle, in un abbraccio che supera qualunque distanza fisica, i famigliari: l’impulsività di Pietro, padre di Carlo; l’intelligenza pratica di Angelo e la commossa determinazione di Marta, genitori di Tino, e poi la dolce presenza della sorella Agnese,…

Tanti i personaggi, ma non al punto da consegnare a Caduti in volo l’etichetta di romanzo corale: piuttosto, mi piace pensarlo un romanzo famigliare, in cui la solidarietà e l’amicizia muovono qualunque azione, e uniscono i compaesani in una fraternità senza precedenti. E questi sentimenti dirigono anche le azioni di Tino e Carlo, ancora innocenti, quasi increduli davanti alla verità spietata di una guerra civile che si delinea davanti ai loro occhi gradualmente, giorno dopo giorno, inesorabile.
«Diciannove e venti anni. | Chi avrebbe loro restituito la spensieratezza? Chi la libertà?» (p. 22): questo si chiede il narratore (esterno e onnisciente), contrariato da quella guerra «ingiusta» che avrebbe «segnato le loro vite» senza chiedere permesso. E così avviene, tra atti di coraggio e di grande umanità. Ma i protagonisti non saranno ricompensati con la stessa pietas; al contrario, la loro fiducia sarà tradita, e ai famigliari non resterà che piangere i loro “caduti in volo”, e convivere con il loro strazio, sempre dignitoso e gelosamente nascosto.

Oltre un terzo del libro è proprio occupato dal dolore, come spesso nei libri di guerra non è stato fatto: con estrema delicatezza, l’autore ritrae il mondo degli affetti ormai devastato dalla sofferenza, testimoniando la forza d’animo di quei famigliari a cui non resta che stringersi, senza mai cadere nel patetico. Sono, anzi, tutte scene che turbano il lettore per l’amore del ricordo e la compostezza di tanta angoscia, ma anche per la bontà e l’onore nascosti dietro a compaesani nemici, perché in camicia nera. La solidarietà paesana supera le divisioni imposte dall’esterno, sembra suggerire più volte l’autore, in un messaggio sociale che supera le più banali (e usurate) interpretazioni ideologiche: non è raro, infatti, trovare in entrambi gli schieramenti gesti di rispetto della vita e del dolore altrui, ma anche momenti di sostegno concreto e morale. Ed è proprio la generosità dalle retrovie che rende questo romanzo un omaggio e un documento (per quanto romanzato) di tante storie realmente accadute nella nostra Lombardia degli anni Quaranta, e ricorda come le divise non riescano sempre a oscurare l’umanità di chi le veste.

GMG

Presto l'intervista a Maurizio Gramegna!!! Se avete qualcosa da chiedere, scrivete tra i commenti le vostre domande!