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che cosa è giusto e che cosa è inaccettabile? "Una teoria della giustizia", un classico del pensiero politico contemporaneo.

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John Rawls
Una Teoria della Giustizia

pg.504


I filosofi che hanno tentato di dire che cosa è, per il mondo in cui viviamo, una “società giusta”, lo hanno fatto in riferimento, contrastandolo o suffragandolo, al paradigma di giustizia che John Rawls proponeva nel suo libro più conosciuto, Una Teoria della Giustizia (1971).

L'obiettivo fondamentale del testo è quello di proporre una teoria di ciò che è giusto, alternativa, da un lato, alle varianti dell'utilitarismo, verso cui le teorie economiche mostravano la loro sudditanza, quantomeno psicologica, dall'altro, alle teorie intuizionistiche, che si fondavano su una serie di intuizioni, vaghe, di ciò che è giusto, e soprattutto inconciliabili fra loro.

L'intuizione fondamentale di Rawls nell'ambito delle questioni di giustizia (cioè delle scelte collettive, e degli assetti istituzionali della società) è questa: tutti i beni sociali, le libertà, le opportunità, le risorse, devono essere divisi equamente tra le persone, a meno che una qualche disuguaglianza nella distribuzione non vada a vantaggio degli individui più svantaggiati.

L'uguaglianza per Rawls non è un livellamento del reddito, delle opportunità e delle capacità, ma “trattare gli individui da eguali significa rimuovere non tutte le disuguaglianze, ma solo quelle che vanno a svantaggio di qualcuno. Le diseguaglianze che avvantaggiano tutti facendo emergere talenti ed energie socialmente utili sono accettabili da tutti” (Will Kymlicka, Introduzione alla filosofia politica, tr.it. pg.66).

Sembra abbastanza condivisibile considerare come disuguaglianza moralmente ingiustificata qualsiasi disuguaglianza che non dipenda dalle scelte delle persone, ma da fattori arbitrari. Non sembra giusto che le persone siano penalizzate nel conseguire i loro piani di vita da svantaggi di cui non hanno colpa (d'altro lato, è giusto che le persone siano responsabili di ciò che, invece scelgono).

Quali sono queste disuguaglianze ingiustificate? Ve ne sono di due tipi. Vi sono disuguaglianze sociali: che io sia nato in Italia, che io sia nato nero, o sia nato in una famiglia ricca, o in un orfanotrofio, o sia in una famiglia poverissima, non dipende da me. D'altronde il fatto che io nasca in Africa o in una ricca famiglia italiana influirà pesantemente sulla possibilità di realizzare i fini che ritengono rilevanti per la realizzazione della mia vita. Dunque una concezione della giustizia deve escogitare qualche modo per ridurre l'arbitrarietà di queste disuguaglianza.

Ma la teoria di Rawls si propone di mitigare l'arbitrarietà anche di un'altra forma di disuguaglianza ingiustificata, e per farlo critica la comune concezione meritocratica delle uguali opportunità. Secondo questa concezione, io guadagno di più perché sono più intelligente, più adatto al lavoro che svolgo, perchè ho più capacità per farlo. Ma io ho scelto di essere intelligente o il fatto che io sia intelligente non dipende da me? E se non dipende da me, così come non dipende da me il fatto che io sia sano, o malato, o soffra di morbi incurabili, o sia handicappato, in che senso è giusto che io prenda di più? È possibile parlare di merito se esso è indipendente dalle scelte delle persone? Anche le disuguaglianze naturali tra gli uomini non dipendono da loro scelte, quanto piuttosto da una specie di lotteria.

Una teoria della giustizia che mitighi queste disuguaglianze non nega i meriti, o i talenti, ma accetta solo disuguaglianze giustificate, disuguaglianza che vadano a vantaggio di tutti.