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Il coraggio di cambiare le interpretazioni dell'antigiudaismo

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"Giudeofobia"
di Peter Schäfer
Roma, Carocci, 2004
pag. 308
€ 13,00

Difficile accostarsi a un tema sempre scottante quale l'"antisemitismo". Ancor più difficile è modificarne l'etichetta, definendola impropria e incompleta, fonte di possibili fraintendimenti. E difficile è anche affermare la nuova definizione di "giudeofobia", termine composto che racchiude in sé sia l'odio sia il timore nei confronti dei giudei.

Peter Schäfer, ebraista tedesco, intraprende con queste trecento pagine una strada coraggiosa, ovvero riesaminare tutte le fonti storiche e letterarie pagane che si soffermano sugli usi e costumi ebraici e sugli eventi che li hanno coinvolti. Con un andamento argomentativo encomiabile, Peter Schäfer presenta molte vecchie cattive interpretazioni di passi in realtà più limpidi di quanto alcuni storici avessero pensato, e passa poi a una disamina attenta e prudente, rileggendo sentimenti antigiudaici e invece sottili commenti positivi, anche da parte di scrittori pagani.

In particolare, la prima parte del saggio è stata intitolta "Chi sono gli ebrei?", e in una serie di utili capitoli, si affrontano i temi tipici della religione ebraica: il monoteismo e l'aniconicità di Dio, la circoncisione, l'astensione dalla carne di maiale, il sabato, il proselitismo. Ogni tematica è sempre affrontata con riferimento e citazione delle fonti, di cui Schaefer fornisce porzioni di testo esaurienti.

Lo studioso passa poi ad analizzare le prime grandi manifestazioni antigiudaiche, ripercorrendo gli eventi tragici di Elefantina e di Alessandria d'Egitto, fatti ancora (e forse per sempre) sepolti nel mistero di testimonianze rare e controverse.

L'ultima parte è dedicata infine ai "centri del conflitto", cioè l'Egitto, l'area siro-palestinese e Roma: c'è una ripresa di temi già incontrati nel saggio, con la progressiva integrazione di altre testimonianze, letterarie e storiche, che avvalorano le tesi di Schäfer.
Il tutto conduce a una riflessione finale più generale sull'"antisemitismo" e sulla presunzione di alcuni storici che hanno desiderato etichettare il fenomeno, riconducendolo a particolari momenti della storia.

Desidero precisare ancora una volta una delle qualità migliori del saggio: la chiarezza espositiva, specchio certamente di una chiarezza di idee non indifferente. Ho poi trovato un doppio aspetto, che può essere considerato un pregio o un difetto, a seconda dell'uso che si fa di questo libro. Se si desidera una consultazione di un particolare argomento, ecco che Schäfer è pienamente riuscito nel suo intento: ogni capitolo è a sé, i temi sono ribaditi ed esauriti, a costo di ripetersi. Appare chiaro, dunque, come una lettura integrale del saggio possa rivelarsi a tratti ripetitiva e, di conseguenza, annoiare in parte il lettore.
Ciò non toglie che quest'opera sia una delle più encomiabili testimonianze di argomentazione limpida e di studi approfonditi. Lo consiglierei a tutti gli appassionati della materia.


Anathea