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La donna di Sibilla Aleramo

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"Una donna"
di Sibilla Aleramo
Feltrinelli Economica, 2003 (43^)


Quando mi sono accostata alla lettura di quest'opera, considerata pietra miliare del femminismo in Italia, ho subito respirato con la stessa fatica che si prova a infilare la testa in una vetrinetta di mobile antico. Pesante, qualcosa di faticoso costellava le pagine di una patina ottocentesca che non se ne sarebbe andata per nessuna ragione. Sia chiaro, non sono affatto contraria alla bella prosa letteraria, anche se retrò, purchè sia funzionale al contesto e al contenuto.

Qui, oltretutto, la trama ha avuto il potere di innervosirmi moltissimo: pietra miliare del femminismo? Vogliamo chiamare in questo modo i tentativi timorosi di una donna succube prima del padre e poi del marito di emanciparsi quel poco, ritagliandosi un minuscolo spazio per sè?

Addirittura, ho letto che è stato segnalato il grande coraggio di questa donna. A parer mio, anche la critica dovrebbe prestare attenzione alla definizione di coraggio prima di appenderla con un paio di spilloni alle spalle gracili di questa protagonista. Si pensi che tenta il suicidio e, non contenta di essersi salvata, continua a vessare il povero figlioletto di terrificanti idee d'abbandono e di allontanamento.

Preferisco fermarmi qui e attendere i pareri di qualche altro lettore dell'Aleramo. Se potete illuminare qualche passaggio degno di nota, vi prego, fatelo, perché presto a me scivoleranno addosso intere sequenze.

Anathea